Sfuggire alla gabbia della perfezione. La prevenzione dei Disturbi del Comportamento Alimentare

di: Rosa
Categorie:
Sfuggire alla gabbia della perfezione. La prevenzione dei Disturbi del Comportamento Alimentare
Il 15 marzo è la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla.
Un giorno dedicato alla conoscenza e alla prevenzione dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA). Nata nel 2012, l’iniziativa è il frutto di un atto di amore: quello di un padre, Stefano Tavilla, per sua figlia. Perché il lilla? Per la doppia valenza del fiore/colore, che racchiude l’ambivalenza e la complessità dei DCA unendo in sé la malinconia del blu e il pathos del rosso.
Temi che un tuo caro abbia un rapporto non sano con il cibo e il proprio corpo? Sei preoccupato che possa soffrire di DCA? Tu stesso, caro lettore, provi una sensazione di disagio nelle situazioni di convivialità o guardandoti allo specchio? In questo articolo, scopriremo quali possono essere alcuni degli indicatori, dei “campanelli di allarme” da indagare.
Nel 2021 ho pubblicato “Il Coraggio di Avere Fame. L’Anoressia di una psicologa im-perfetta”, le cui pagine hanno accolto la mia esperienza con l’Anoressia Nervosa (AN). Quella di raccontare la mia storia personale e professionale è stata una scelta liberatoria e dettata dalla necessità di parlare pubblicamente dei DCA (la cui discussione risente ancora di un profondo stigma sociale). L’ho dedicato a me stessa, al coraggio conquistato per combattere la malattia, e a tutti coloro che, pur possedendolo, non sono ancora riusciti a scoprirlo dentro di sé.
I DCA sono una malattia. Ci si ammala di DCA. Non li si sceglie.
Non nascondo la mia vita perché voglio sentirmi libera di essere e perché le possibilità di scelta diventano rigogliose solo quando si rinuncia ad occultare l’imperfezione.
Comprendere i DCA: una sofferenza che non trova parole
Intervenire è cambiare, e cambiare è un grande passo (…) È avere il coraggio di essere im-perfetta.
Come tutte le malattie, i DCA richiedono l’attivazione di un’opera di prevenzione in grado di scorgerne i segnali e di agire attivamente e tempestivamente (il tempo è sempre un fattore chiave) per arrestarne l’evoluzione e la cronicizzazione.
Al contrario delle malattie organiche , i DCA non consentono l’individuazione di un “colpevole”: non ci sono malvagi virus o batteri cattivi che insidiano il corpo e che possono essere debellati con l’assunzione di un vaccino. I DCA si insinuano nel rapporto tra questo e la nostra mente, distorcendo la percezione che abbiano del prezioso “noi”.
Il pensiero è sempre transitorio (…). Non dobbiamo temerlo, non dobbiamo combatterlo, né farci ingabbiare così tanto da diventarne schiavi, come se fosse una sottile e pericolosa forma di dipendenza.
Spesso i DCA sono liquidati come capricci infantili, mal interpretati come il desiderio di assecondare mode fugaci. Se anche l’immagine del corpo (soprattutto femminile) diffusa da televisione, cinema, social media ha contribuito e continua ad instaurare un’equivalenza diretta tra i termini di “magro” e quelli di “successo” e “felicità”, in realtà i DCA non rispondono alla volontà di appagare i canoni estetici. Piuttosto, derivano da un profondo disagio che, incapace di trasformarsi in parola, diventa controllo crudele ed illusorio sul corpo.
Nel caos delle nostre vite, costantemente sottoposte all’influenza incontrollabile di eventi esterni (soprattutto nel panorama e nel contesto storico contemporaneo), tentiamo di affermare la nostra volontà su ciò che possiamo: primo fra tutti, quel corpo che ci accompagna fin dalla nascita e che è l’unica cosa di cui possiamo definirci totali padroni. Nel tentativo di riaffermare la nostra libertà, il controllo del corpo diventa una trappola dalla quale è difficile sfuggire, spesso perché non sappiamo riconoscerne le sbarre.
È possibile trovare le chiavi giuste prima che la gabbia si chiuda?
I campanelli di allarme
I DCA hanno una genesi complessa e multifattoriale.
Non si possono ricostruire successioni di causa-effetto in grado di spiegare l’insorgenza della malattia. Non esistono formule matematiche in grado di fornire probabilità o certezze. Per questo motivo, spesso i familiari di persone che soffrono di DCA si incolpano della sofferenza dei propri cari. Allora, ripetiamo: nei DCA, la distinzione di colpevoli e innocenti è inesistente, prima ancora che inefficace. A complicare ulteriormente il quadro del riconoscimento dei DCA vi sono anche tutte le manifestazioni “atipiche”, cioè quelle che non rispettano esattamente i criteri diagnostici dei manuali, che tendono a ridurre l’infinita varietà della persona alla quantità finita del numero e della definizione.
Allora non c’è modo di prevenire i DCA? È davvero impossibile?
No, indicatori e campanelli di allarme esistono. Si tratta di fattori che, caratterizzando alcune fasi dello sviluppo (ed essendo spesso transitori) non implicano direttamente il DCA, ma la cui persistenza nel tempo necessita di un approfondimento.
Grazie a tutte le energie che vi dedicavo, il mio aspetto, la mia casa e la mia attività professionale riflettevano all’esterno l’immagine di un ordine immacolato.
L’unico spazio disordinato e polveroso era dentro di me, ma ancora non lo sapevo fino in fondo, mentre la gabbia in cui ero rinchiusa continuava a rimpicciolirsi, mi soffocava, mi feriva.
I campanelli d’allarme a cui prestare attenzione sono:
- Indicatori fisici (somatizzazioni; alterazioni del sonno; perdita di peso; vertigini; sensazione costante di freddo; pelle secca e pallida).
- Indicatori comportamentali (rifiuto del cibo o della masticazione; masticazione eccessiva; scoppi d’ira; iperattività fisica; tendenza a disporre oggetti in simmetria; sminuzzamento del cibo).
- Indicatori emotivi (irritabilità; aggressività; umore basso; sensibilità al giudizio altrui; scarso contatto emotivo nelle relazioni; aspettative elevate).
- Atteggiamenti (docilità e compiacenza; precisione e rigore; bisogno di ordine e del rispetto di schemi e orari; bisogno di pulire e accentuata dedizione all’igiene personale; tendenza all’isolamento e alla chiusura in sé; senso di inadeguatezza e inefficacia; rinuncia al riposo e al divertimento; ipercriticismo verso di sé e gli altri; attenzione spiccata al corpo o ad alcune sue parti).
L’osservazione di tali fattori non può sostituirsi in alcun modo alla diagnosi e all’intervento mirato dello specialista: l’attivazione di una rete interdisciplinare di professionisti specializzati è fondamentale.
Dai DCA non si guarisce da soli.
Affidarsi, cedere il controllo: forse è quello il momento in cui comincia la risalita, il momento in cui senti che hai scelto di vivere, di rinascere.
“Il coraggio di avere fame. L’Anoressia di una psicologa im-perfetta”, Rosa Iatomasi
Se vuoi conoscere il delicato mondo dei DCA e scoprire qual è il modo migliore di comunicare con il tuo caro che soffre di DCA, vieni a trovarmi sul mio profilo Instagram “Psicologa Rosa Iatomasi”.